L’asfalto sull’anello (carrabile?) di piazza Vittorio Emanuele II
Le mattonelle d’asfalto usate in piazza Vittorio Emanuele II, per tipologia e spessore, sono esclusivamente idonee a un traffico pedonale. La vicenda inizia con la decisione tutta politica, “ben spesa” in campagna elettorale dalla coalizione di centro-destra, di contestare il progetto dell’arch. Arturo Cucciolla per la riqualificazione del “Borgo”, nel quale era previsto un pavimento in basolato di pietra e l’eliminazione del gradino esistente tra le isole centrali e l’anello stradale circostante. Nel 2008 quando Emilio Romani riconquista Palazzo di Città il bando di gara è già stato espletato e si tratta di variare progetto e contratto. Da questa forzatura politica, sostenuta con l’alibi del risparmio (in realtà, rispetto ai 4,5 milioni previsti, si risparmieranno solo gli 800mila euro della differenza di costo delle basole in pietra) nasce un lungo e travagliato iter, fatto di varianti pareri e valutazioni contrastanti, per arrivare al disastro cui si è assistito fino ai giorni scorsi. Tre giorni fa, con un’azione decisa della Ripartizione Lavori Pubblici, avvallata da ragioni di messa in sicurezza dell’area più trafficata della città e sostenuta da una volontà politica, presuntuosa e confusa nello stesso tempo, è iniziata la sostituzione delle mattonelle di asfalto con una bitumazione dell’anello carrabile della piazza. Le prime verifiche sullo stato del sottofondo sembrano indicare, proprio in corrispondenza delle zone dove si sono creati i maggiori difetti in superficie, carenze nella consistenza del massetto armato in alcuni casi e in altri un errato spessore del massettino “fresco su fresco” di allettamento delle mattonelle. Errori e deficienze avrebbero così accentuato il risultato negativo di una soluzione tecnica di per sé inadeguata all’uso cui è sottoposto quello spazio urbano. Un’opera pubblica, che per sua natura non si sarebbe mai dovuta realizzare con una determinata soluzione tecnica (le mattonelle di asfalto), viene imposta dall’Amministrazione Romani, su indicazione sì della Soprintendenza ma a causa dei continui tira e molla progettuali di natura politica cui la stessa è stata costretta nel tempo, e conduce a un risultato pessimo sul piano formale e funzionale. Forse gravi alcune deficienze tecniche: dai difetti di esecuzione della Ditta subappaltatrice, peraltro monopolitana, alla forse scarsa direzione lavori di un professionista, certamente di chiara fama, al collaudatore tecnico-amministrativo che ha concluso positivamente l’opera. Certamente gravissime invece le deficienze politiche. Compromettere, per il mantenimento di errate promesse elettorali, un’opera pubblica costataalla comunitàquasi 4 milioni di euro, condizionando nella vicenda ruoli e funzioni. Com’è possibile che l’Amministrazione Romani non se ne assuma ancora, a 360 gradi, tutta la responsabilità storica e le relative conseguenze?
Movimento Manisporche Monopoli