Le masserie fortificate di Monopoli (a cura di Walter Laganà)
Le masserie fortificate del territorio di Monopoli che si trovano lungo il litorale ( Spina, La Mantìa , Garrappa, Martinelli), nei punti dominanti della pianura ( Belvedere, S. Luca, Due Torri, Rota, De Luce, Coccaro, Lamalunga, Galeppa, Sepp’Annibale, Stasi Zaccaria, Macchia di Casa) e delle valli (Conchia, Mammella, Carrassa, Caramanna, Torricella, Ammazzalorsa ed altre) sono uno dei fenomeni più tipici della società agraria locale dal XV secolo in poi con le “recinzioni” (enclosures) delle terre demaniali, grazie alle quali i terreni, prima appartenenti al demanio, sono diventati di proprietà privata. È noto, infatti, che la domanda di beni di consumo, a causa del continuo incremento demografico della popolazione, portò all’esplorazione e al dissodamento di molte contrade monopolitane e alla stabilizzazione di una popolazione rurale nelle zone dissodate. Ogni comunità divenne, poi, un centro di coltivazione agricola e fu strutturata in modo tale da essere autosufficiente. Intorno alla masseria fortificata, amministrata generalmente da laici nobiliari e da ecclesiastici, si disposero, infatti, la chiesa, il molino, il forno, il frantoio, le dimore dei coloni, i magazzini per il deposito dei viveri e degli attrezzi, le stalle precedute da un recinto chiuso (volgarmente chiamato “u Jàzze “) per il bestiame da latte, da macello e da carico, il pollaio, la colombaia, l’orto, l’agrumeto, i vari laboratori per le diverse attività praticate nell’ambito della masseria intorno alla quale si estendevano circa 130 o 150 ettari di terreno con la coltivazione ad uliveto. Il nucleo centrale della costruzione della masseria fortificata risulta costituito da un grande edificio quadrangolare a due piani (piano terreno e primo piano) con una o più stanze intercomunicanti ed è munito di ponte levatoio, saracinesca, campanile a vela in asse con l’ingresso, varie caditoie singole o raddoppiate sul coronamento in corrispondenza delle finestre e dell’ingresso e le feritoie a tiro incrociato sempre verso l’antico ingresso, del muro di cinta con la ronda. I vani del primo piano comunicano con quelli del pianoterreno attraverso una botola per mezzo di una scala a piòli e con il terrazzo attraverso una scala in pietra ricavata nello spessore dei muri perimetrali. Il pianterreno era generalmente adibito a magazzino per il deposito dei viveri, delle armi, delle pietre e dell’olio con un’autonomia di circa un mese. In caso di assedio veniva alzato il ponte levatoio che poggiava su una scalinata e dal terrazzo attraverso le caditoie, appositamente costruite in direzione delle finestre e dell’ingresso, si facevano cadere giù le pietre e l’olio bollente e attraverso le feritoie si sparava con l’archibugio. Dal XV secolo in poi la masseria fortificata divenne, quindi, una delle espressioni edilizie più avanzate di difesa contro gli attacchi nemici per le sue fortificazioni e un centro fiorente di vita agricola e sociale, dove, oltre alla produzione e conservazione, si praticava anche la trasformazione dei prodotti agricoli e alla loro commercializzazione. I rozzi trappeti, dei quali ancora oggi esistono tracce presso le menzionate masserie, sono un esempio di chiara trasformazione delle olive in olio.
E tant’era la produzione olearia locale che Monopoli, specialmente durante la dominazione veneziana (1495-1530), esportava, fra l’altro, anche per una specifica volontà della Serenissima stessa, olio a Venezia che poi veniva utilizzato per l’alimentazione e per l’illuminazione. Perciò la masseria fortificata non era soltanto un luogo dove confluiva tutta la produzione dei campi o per la conservazione o per la trasformazione o per un proficuo e razionale smistamento sui mercati del tempo, ma era anche un luogo di scambi economici e sociali e di difesa dalle continue ed usuali scorrerie barbaresche che provenivano essenzialmente dal mare. Si può pertanto bene affermare che la masseria fortificata, quale espressione di vita organizzata, incise positivamente nella realtà socio-economica dell’epoca. Essa, infatti, era destinata ad avere più interessanti conseguenze per la civiltà futura, in quanto non solo provvide a bonificare il territorio monopolitano, contendendolo ai boschi, ma contribuì validamente, con una propria autonomia ed autosufficienza, alla stabilizzazione di una popolazione rurale nelle zone recuperate alla produttività. Tant’è vero che intorno alla masseria fortificata, dove ancora oggi si notano monumentali ulivi secolari, sebbene siano mutate le condizioni economiche e sociali, che determinarono tale fenomeno, essa rappresenta il primo modello di azienda agricola organizzata ed uno dei punti fermi della locale società agraria. Soprattutto tenendo presente che oltre il 33% della popolazione monopolitana vive ed opera in campagna, specialmente intorno a queste piccolissime “urbes”, perché regolate da un sistema razionale ed urbanisticamente valido. È bene sottolineare inoltre che le masserie fortificate erano gestite per conto dei nobili e degli ecclesiastici da un massaio che dirigeva una moltitudine di contadini e di inservienti di ambo i sessi che provvedevano a curare circa 130 o 150 ettari di terreno coltivati a grano, a legumi, a biade e viti e soprattutto a uliveti. Gli alberi di olive oggi sono dei veri e propri monumenti, cioè delle meravigliose sculture multiformi lignee. La maggior parte delle suddette masserie fortificate erano di proprietà dei Palmieri e degli Indelli, dei parenti ed affini, cioè di due nobilissime famiglie. La prima era filoveneziana e filofrancese, la seconda filospagnola. Nel 1500 entrambe le predette famiglie seguirono le sorti della guerra tra la Francia e la Spagna e successivamente in seguito alla vittoria dell’Imperatore Carlo V godettero della “Pax Hispanica” ed ebbero a vario titolo il dominio della città e del suo vasto territorio. Nel Settecento alcune masserie fortificate vennero modificate e divennero la dimora estiva delle nobili famiglie del tempo.
La masseria Caramanna che si trova ubicata nell’entroterra collinare sull’ex strada statale 377 a circa 5 km. dal centro urbano a 150 mt. sul livello del mare, risale al 1659 ed ha subito diverse modificazioni ed aggiunte nei secoli successivi. Infatti la scala circolare con la palma decorativa al centro è del 1750 circa. Alcune aggiunte e modifiche (ponte levatoio in ferro, una prima parte del terrazzo con balaustra, etc.) sono state realizzate nel 1818, come risulta da una iscrizione incisa nel marmo sull’ingresso antico della masseria. “HAS HAEDES AVITAS EQUES JOANNES TOMAS AFFATATI RESTAURAVIT, AUXIT, ORNAVIT, A.S. MDCCCXVIII“. La cappella e il pianterreno con il sovrastante terrazzo e la seconda parte della balaustra sono stati realizzati nl 1894, come risulta dalla data incisa nel pavimento della seconda parte del terrazzo. La costruzione a torre della masseria “Caramanna” si articola su quattro livelli: pianoterra, ammezzato, primo piano, secondo piano e copertura a terrazzo. Lo stato di conservazione delle masserie fortificate di Monopoli è buono, perché alcune sono abitate da coltivatori diretti, altre sono riservate all’agriturismo, tenendo presente che il turista, snobbando gli alberghi, preferisce vivere a contatto diretto con la natura, interessato anche da tutte le attività che si svolgono intorno alla masseria stessa.
Monopoli 23 Ottobre 2019 Walter Laganà
(Due volte Sindaco della Città di Monopoli)