Rientra dalla Cina, ragazza di Polignano in quarantena precauzionale
La notizia e l’intervista alla studentessa, pubblicati sul settimanale Blu di Polignano. Ecco l’intero servizio giornalistico.
POLIGNANO A MARE – Gli occhi di tutto il mondo sono puntati da giorni alla Cina, anche se è tanta la preoccupazione in tutti i paesi del mondo per l’emergenza del coronavirus, che evolve con nuovi contagi. Numerosi gli stati che hanno dichiarato lo stato di emergenza, dopo aver scoperto di avere in casa il coronavirus, compresa l’Italia.
Nei giorni scorsi, a Bari sono rientrati 13 studenti del Politecnico di Bari, che in Cina erano per un viaggio di studio. I ragazzi erano lontani dall’area di Wuhan, centro dell’infezione, ma sono stati fatti rientrare per precauzione. Tra gli studenti del Politecnico, anche A.L., studentessa al Politecnico. L’abbiamo raggiunta al telefono quando era appena arrivata a Polignano per farle alcune domande.
Ciao, quando sei partita per la Cina e quando saresti dovuta rientrare se non fosse scoppiata questa emergenza?
“Sono partita per la Cina agli inizi di gennaio, e sarei dovuta restare fino a metà aprile. Io ero nella città di Fuzhou nella regione del Fujian. Sono partita con altri 12 studenti per Politecnico per completare la mia ricerca di tesi in architettura. Dopo qualche settimana, per motivi di studio, coincisi con l’occasione del Capodanno Cinese, ci siamo spostati nei rurali del Longyan, dove avevamo i nostri casi studio, che consistevano in architetture tipiche cinesi, divenute siti Unesco. Eravamo distanti dalla città di Wuhan, l’epicentro del focolaio del virus, e per questo ci sentivamo tranquilli. Ma l’epidemia ha iniziato ad aumentare proprio durante il nostro soggiorno presso i villaggi del Longyan. I festeggiamenti del Capodanno Cinese sono stati annullati nelle città, ma non , ma non nei villaggi. Nonostante il timore generale e le prime mascherine, il popolo cinese non si è dato per vinto e ha continuato a festeggiare la festa di primavera. I giorni successivi al Capodanno Cinese, che erano il 24 e il 25, ci siamo recati presso uno dei nostri casi studio: Chuxi Tulou Cluster. Qui siamo stati fermati da una schiera di soldati, che ci ha invitato a fare inversione e ad andare via. Da quel momento ogni sito Unesco, ogni attrazione turistica, ogni luogo pubblico e quindi affollato, sarebbe stato chiuso per prevenire un contagio maggiore del virus. Durante il periodo del capodanno avvengono gli spostamenti maggiori e con essi ci sarebbe stato un elevato rischio di contatto tra i cinesi delle diverse regioni. Dopo questo episodio, siamo stati costretti a sospendere i rilievi nei siti e così siamo tornati a Fuzhou, dove ci è stato consigliato di restare in casa e uscire solo in caso di necessità, naturalmente muniti di mascherine».
Qual è stata la tua sensazione?
«Nonostante queste misure di prevenzione, non eravamo spaventati, anzi, ci sentivamo al sicuro. Anche grazie al Consolato di Canton, che ci ha sempre aggiornati riguardo la situazione. Sono state adottate tante misure di contenimento per questa epidemia, l’esperienza della SARS era ancora viva, ha colpito la Cina nel 2002. Il popolo cinese ha collaborato, assumendo anche un atteggiamento protettivo anche verso noi visitatori. Quando incontravamo qualcuno senza mascherina, non appena incrociava il nostro sguardo si copriva parte del viso. Dopo pochi giorni però, i contagi erano sempre di più, ma le mascherine iniziavano a diminuire in quasi tutte le farmacie. Così siamo stati costretti ad abbandonare la Cina e tornare in Italia».
Com’è andato il viaggio?
«In aeroporto ci è stato chiesto di dichiarare eventuali sintomi o se avessimo avuto contatti con l’Hubei. Ci è stata misurata la temperatura corporea. Pensavamo e soprattutto speravamo che tale protocollo fosse applicato anche negli aeroporti dove abbiamo fatto scalo per il rientro a Bari, ma così non è stato, neanche a Parigi».
Adesso che succede?
«Ci è stato consigliato un periodo di riposo, una piccola quarantena preventiva, di circa 14 giorni. Spero la situazione in Cina migliori il prima possibile, anche perché sono solo 10 ore che sono tornata e già vorrei ritornarci. Purtroppo però alcuni dati riportano il picco massimo tra aprile-maggio, quindi dubito la Cina sarà considerata una destinazione sicura per un po’ di tempo».
In tutto questo clima, un po’ ovunque cominciano a verificarsi i primi episodi di discriminazione verso i cinesi. A Roma, ad esempio, è stato affisso ad un bar un cartello che vietava l’ingresso ai turisti cinesi. Ma episodi analoghi si sono registrati anche nei confronti di cinesi residenti stabilmente in Italia. Cosa pensi a riguardo?
«Penso che avrei preferito non sapere cosa stesse succedendo qui in Italia, così come non avrei voluto sapere le notizie che arrivavano nel nostro paese quando noi vivevamo in prima persona questa situazione. E’ certo che non va creato allarmismo. E soprattutto non bisogna essere ostili nei confronti dei cinesi, è un popolo che merita e dà rispetto. Ci sono cinesi che nel proprio paese magari non ritornano da anni. Siamo diversi per cultura, tradizione ed educazione, ma non ci sono validi motivo per discriminarli».