Senza Terapie intensive, quali rischi: parla il prof Giuliani
Risponde al vero la notizia che senza la disponibilità di posti in Terapia Intensiva, i pazienti rischiano di essere abbandonati? Dalle pagine de La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi l’intervista di Roberto Calpista al professor Rocco Giuliani, l’ordinario di Anestesia e Rianimazione dell’Università di Bari e docente di Medicina delle Maxi Emergenze che fa chiarezza sul delicato argomento.
Le risulta che negli ospedali del Nord, a causa della mancanza di posti di terapia intensiva e dell’alto numero di ammalati di Covid-19 si stanno scegliendo i pazienti da curare, lasciando i «soggetti più deboli» al proprio destino?
“Non posso parlare della situazione degli ospedali del Nord, tantomeno in questo momento molto difficile per chi deve salvare vite umane in carenza di risorse. Tuttavia, facendo riferimento ai miei 35 anni di attività in Terapia Intensiva e all’Etica che ha sempre contraddistinto il lavoro in Rianimazione, escludo che un Rianimatore possa assumersi l’onere morale di negare assistenza ad un paziente, vuoi per la sua età avanzata che per le sue patologie concomitanti. Diversa è la situazione in condizioni di «stato di necessità». Può accadere che all’arrivo di due pazienti al Pronto soccorso il Rianimatore disponga di un solo posto in Rianimazione. In questi casi si procede utilizzando il posto disponibile per uno dei due e trasferendo ad altro ospedale l’altro paziente dopo averlo trattato. Va tuttavia segnalato che nelle situazioni attuali è molto complesso trasferire un paziente con CoViD-19. In questi casi si fa quello che si può, adeguando il supporto terapeutico alle risorse disponibili, come farebbe ogni buon padre di famiglia in carenze di risorse familiari. Si cerca comunque di dare il massimo «disponibile» a tutti, dando quello che può essere realmente utile a ciascuno. Mi creda, a volte si riesce a fare anche l’impossibile”.
Si tratta di scelte etiche o scientifiche? Come si conciliano con un sistema sanitario, quello italiano, nato su basi solidaristiche?
“La scienza non può essere disgiunta dall’etica. Entrambe hanno il fine di salvare, prima ancora della vita, la stessa dignità umana. In tal senso può accadere di fare una scelta, condivisa con i familiari, che porti il paziente in condizioni cliniche irreversibili ad una morte dignitosa nel proprio letto col conforto dei suoi cari. Questo non è peraltro possibile nelle attuali situazioni in quanto non sarebbe possibile mandare a casa un paziente infetto, per cui si adeguano le cure alle risorse disponibili, limitando il consumo di presidi non utili e che invece possono salvare altre vite umane”.