Vaccino anti-coronavirus pronto a settembre?
Il vaccino contro il coronavirus creato in collaborazione tra l’Università di Oxford, la casa farmaceutica AstraZeneca e la società Irbm di Pomezia potrebbe essere pronto a settembre. È quanto ha dichiarato Piero Di Lorenzo, presidente della società italiana, in un’intervista concessa a La Stampa.
Quando sarà pronto il vaccino sviluppato tra Italia e Oxford
“Se tutto procede come deve”, il vaccino arriverà a “settembre. Anche se nel frattempo la produzione è stata già avviata per non farci trovare impreparati”.
“Le dosi per le sperimentazioni sono uscite dai nostri stabilimenti. Proprio in questi giorni stiamo programmando con AstraZeneca e Oxford le modalità di produzione. Siamo pronti a fare la nostra parte producendo alcuni milioni di dosi“, ha spiegato l’amministratore delegato di Irbm.
“Siamo un’azienda di 250 dipendenti con 40 ricercatori. La scommessa l’abbiamo vinta quando acquistando l’azienda dalla multinazionale americana Merck sharp and dohme decidemmo di non disperdere il patrimonio di esperienza che avevamo ereditato e che aveva portato alla scoperta di un importante farmaco anti Hiv. Oggi abbiamo la conferma che anche in Italia è possibile scommettere sulla ricerca“, ha sottolineato Piero Di Lorenzo.
Il contributo dell’Italia a vaccino di Oxford
Riguardo l’apporto dato alla ricerca del vaccino da Irbm, l’amministratore delegato ha spiegato che “abbiamo costruito la navicella spaziale, lo shuttle che deve veicolare nell’organismo la proteina Spike, sintetizzata e quindi depontenziata, che genera poi la risposta immunitaria in grado di respingere gli attacchi del virus“.
“Il gene della proteina S”, ha dichiarato Piero Di Lorenzo, “l’Università di Oxford lo ha sintetizzato già 18 anni fa, studiando i vaccini per altri coronavirus. Quando è apparso il Covid hanno impiegato non più di due settimane per sintetizzare anche questa, in base al sequenziamento del gene messo a disposizione dalla Cina”.
“Ricordo l’emozione quando è arrivata la mail con la quale Oxford ci chiedeva di collaborare, mettendo a punto e caratterizzando l’adenovirus, quello del comune raffreddore. Che ulteriormente depotenziato, affinché non finisca per replicarsi nell’organismo, diventa il veicolo nel quale far viaggiare la proteina Spike, che deve poi provocare la risposta immunitaria”, ha raccontato ancora il presidente della società di Pomezia.
Fase 3 del vaccino italiano: cosa significa
“Abbiamo già superato tre volte i severi esami dell’Agenzia del farmaco britannica, che ha autorizzato le varie fasi della sperimentazione. Dopo i primi test sui macachi è stato dato il via libera alla Fase 1 sui primi 510 volontari sani, che ha confermato l’assenza di tossicità ma anche l’efficacia, ossia la capacità di produrre una risposta immunitaria”, ha spiegato l’ad a La Stampa.
“Poi si è passati alla Fase 2 su 3.000 volontari ai quali è stato inoculato il vaccino, mentre ad altrettanti veniva somministrato un placebo. Superato anche questo esame siamo ora alla Fase 3 su 10mila volontari, reclutati in Gran Bretagna e in Brasile, dove i picchi purtroppo ancora alti dell’epidemia ci assicurano di poter portare a termine la sperimentazione”, ha raccontato ancora Piero Di Lorenzo.