Conversano, Covid-19, importante studio del dr Giagulli
Disparità di genere nella infezione da CO VID 19. Può Il testosterone giocare un ruolo importante?
I primi dati della prevalenza della nuova severa infezione respiratoria da coronavirus (COVID-19) hanno evidenziato un differente decorso della infezione tra i due sessi. In particolare, i maschi, soprattutto quelli anziani con numerose patologie croniche, rispetto alla donne presentano una prognosi peggiore e muoiono più frequentemente.A prima vista, si può pensare che le ragioni possano essere le stesse che determinano, in generale, una morte più precoce e in giovane età del maschio rispetto alla donna ( abuso di alcol, comparsa più precoce di malattie cardiovascolari, fumo, ecc). Tuttavia, le cause possono essere diverse e risiedere proprio nelle caratteristiche biologiche che differenziano i due sessi. In particolare, il testosterone potrebbe svolgere un ruolo nel determinare questo eccesso di morbilità e mortalità.
Il dr VA Giagulli, con la collaborazione di E Guastamacchia (presidente AME), V Triggiani e colleghi dell’Università di Bari, ipotizza in una sistematica revisione dei dati della letteratura (Andrology, 2020; doi: 10.1111/andr.12836, in corso di pubblicazione) che il testosterone possa avere un ruolo chiave nel facilitare la diffusione dell’infezione nei maschi, mentre i ridotti livelli dell’androgeno, come si verifica nel maschio anziano o in quei maschi affetti da malattie croniche metaboliche (obesità per esempio) e non, agiscono come “trigger” per un peggioramento della prognosi per l’infezione da COVID 19, facilitando persino la morte.
Il dott Giagulli e collaboratori propongono due principali meccanismi fisiopatologici legati ai livelli circolanti dell’androgeno come possibile causa di questo importante gap tra i due sessi.
E’ accettato che il nuovo coronavirus possa entrare nelle cellule ospiti (e così infettare la persona) tramite l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) (che viene considerato come il recettore del COVID-19) grazie all’azione di una proteasi transmenbrana serina 2 (TMPRSS2) che lega la proteina “spike” del coronavirus. Gli androgeni e, in particolare, il testosterone possono coregolare l’espressione dell’ ACE2 e soprattutto di TMPRSS2 . Questi enzimi sono presenti nelle cellule del testicolo sia in quelle che regolano la spermatogenesi (cellule di Sertoli) che in quelle che secernono il testosterone (cellule di Leydig). Pertanto, si può ipotizzare che un deficit severo di Testosterone si verifica in corso di infezione da nuovo coronavirus. Questa prima ipotesi è stata recentemente confermata da un lavoro di studiosi italiani (Rastrelli et al Andrology , 2020) in corso di pubblicazione che documenta una condizione di ridotti livelli di testosterone (ipogonadismo conclamato) in quei maschi affetti da COVID 19 con prognosi più grave e che richiedono cure in terapie intensive.
Al contrario, i bassi livelli plasmatici di T che spesso si riscontrano negli anziani affetti da malattie croniche metaboliche (obesità, diabete, ipertensione, ecc) e non, possono predisporre alla disfunzione endoteliale, alla trombosi e alla risposta immunitaria difettosa, portando sia alla riduzione della clearance virale che all’aumento dell’infiammazione sistemica e rischio di fallimento multiorgano con possibile decesso. In particolare, i maschi obesi possono avere un grave deficit di testosterone (ipogonadismo funzionale) e quelli affetti da Covid 19, quindi, possono avere conseguenze respiratorie e sistemiche gravi con prognosi severe.
In conclusione: il testosterone può generalmente predisporre il maschio a una diffusa infezione da COVID-19. Bassi livelli di T plasmatico, che dovrebbero caratterizzare l’ambiente ormonale in soggetti gravemente malati, possono predisporre il maschio a una prognosi sfavorevole. Sono in corso numerosi studi che mirano a verifivare queste ipotesi fisiopatologiche anche al fine di identificare prontamente adeguate strategie terapeutiche.