Confagricoltura Puglia: “Ricavi bassissimi, allevatori pugliesi vendono i capi”
“La crisi del latte in Puglia ha origini più antiche della guerra in Ucraina. Il conflitto, però, ha oggi portato agli estremi la situazione costringendo molti allevatori a vendere o addirittura abbattere i capi”. Confagricoltura Puglia, attraverso il presidente Luca Lazzàro, torna sulla questione Latte che, complice anche la situazione di guerra, ha assunto contorni drammatici. L’aumento dei costi di produzione è ormai fuori controllo (greggio + 92,1%, gas naturale + 379,0%) e tutto questo si ripercuote sulle aziende zootecniche che ormai non riescono più a vendere i propri prodotti a prezzi congrui. Ai costi energetici si aggiungono gli aumenti dei mangimi: le crusche costano in media il 49% in più rispetto a un anno fa; i farinacci il 44%, la farina di soia il 35 per cento. Solo nell’ultima settimana il balzo è stato del 10 per cento. “Sommando tutti i costi, oggi per produrre un litro di latte in Puglia servono non meno di 56 centesimi, mentre il prezzo di vendita alla stalla non supera i 46 centesimi. Una differenza tra entrate e uscite che rende insostenibile la gestione di una impresa. A questo – sottolinea Lazzàro – si aggiungono due problemi ereditati dal passato, il basso prezzo che i trasformatori sono disposti a pagare alle stalle pugliesi e il latte spot che gira in regione, proveniente nella migliore delle ipotesi dal Nord del Paese”.
“Quanto le aziende zootecniche riescono ad ottenere da parte dei trasformatori, dunque, non remunera assolutamente il loro lavoro, tant’è che molti produttori si stanno organizzando per la chiusura delle aziende e nei prossimi tempi potrebbero essere necessarie misure di sostegno per l’abbattimento dei capi i quali, diversamente, sarebbero ridotti alla fame”. “I rivenditori di mangimi stanno bloccando le forniture alle aziende con fatture scadute – evidenzia il presidente di Confagricoltura Puglia – Così, tanti produttori hanno risorse non superiori alle due settimane. Anni di politiche economiche sbagliate, incentrate sul penalizzare con lacci e lacciuoli chi produce e incentivare invece chi chiude, chi non lavora ci hanno reso fragili, vulnerabile a qualsiasi evento politico mondiale: questa strada è un disastro per l’agricoltura pugliese e per l’occupazione. È necessario arrivare in tempi brevi a misure che salvaguardino le esigenze di un comparto vitale per la nostra economia”.