Movimento Manisporche: Intitolare una via a mons. D’Erchia suscita una certa ribellione
Monopoli, in una nota, il Movimento Manisporche afferma: «La decisione della Giunta monopolitana di intitolare due vie al venerabile vescovo di Molfetta don Tonino Bello e al vescovo di Monopoli Antonio D’Erchia non si può liquidare come un colpo al cerchio e uno alla botte per accontentare progressisti e conservatori. La storia dei due presuli è molto diversa sia in sé stessa sia per i rapporti che hanno avuto con la nostra città.
L’intitolazione di una via a don Tonino Bello sarebbe potuta avvenire per acclamazione, un premio alla sua testimonianza per aver vissuto il Vangelo come amore a Cristo, servizio alla Chiesa, passione per l’uomo.
Quella a mons. D’Erchia suscita una certa ribellione.
La vita e il mandato episcopale di D’Erchia si intrecciano con il periodo più critico della diocesi e della città di Monopoli.
Il 9 ottobre 1986 la Congregazione dei Vescovi notificò il riordino delle diocesi italiane con la soppressione e conseguente accorpamento di alcune di loro. La diocesi di Monopoli venne unita a quella di Conversano. E, sorprendentemente, in difformità con le precedenti 2 bozze, contro gli stessi criteri della Congregazione e in contrasto con la scelta fatta dalla Santa Sede alla fine degli anni ’60, solo nel caso di Monopoli, la sede del vescovo fu stabilita a Conversano.
D’Erchia, reduce dalla brutta vicenda occorsa a Conversano, dove una bella comunità e il parroco d.Vincenzo D’Aprile furono schiacciati dal suo silenzio tenace, di fronte allo spostamento della sede vescovile, ebbe una difesa debole, infarcita di molle obbedienza e di fiacca rassegnazione. Trovò la complicità di una classe politica e un ceto imprenditoriale di scarso livello, che lasciarono correre, miopi al declassamento generale che la perdita della diocesi avrebbe generato negli anni a venire.
D’Erchia è stato un vescovo chiuso a ogni istanza di rinnovamento, prigioniero di tradizionalismo e di conservatorismo, un lunghissimo passo indietro rispetto alla modernità evangelica e conciliare del predecessore vescovo Carlo Ferrari.
Pensare di intitolare una via a D’Erchia è, inoltre, un reiterato oltraggio nei confronti dei sacerdoti monopolitani che, all’indomani dell’elezione di mons. Padovano, a lui si rivolsero con un documento del 31 luglio 1987 per chiedergli espressamente di farsi “interprete imparziale” della grande sofferenza arrecata dal decreto di accorpamento presso le sedi più altolocate.
Se da un lato meraviglia che oggi il vescovo Favale, pur conoscendo i fatti, si sia reso interprete della richiesta di intitolazione a D’Erchia, dall’altra ravvisiamo ancora troppa leggerezza nell’intestare pubbliche vie, ad imperituro ricordo, a uomini per cui, molto probabilmente, sarebbe invece forse più consono un discreto oblio».