Medici come nomadi, i sindacati diffidano la Asl Ba
Sindacati sul piede di guerra contro i contratti che prevedono una collocazione «temporanea e modificabile». Il caso degli anestesisti dell’Asl di Bari.
La carenza di medici sta aguzzando l’ingegno dei manager. Per far fronte alle emergenze, i direttori generali di Aziende ospedaliere e Aziende sanitarie stanno proponendo ai camici bianchi una sede di servizio «temporanea e modificabile». Contro questa nuova figura di “medico nomade” sono scesi in campo i sindacati. Lo spunto è nato da un caso registrato a Bari, dove agli anestesisti sono stati proposti contratti individuali di lavoro a tempo determinato con una sede non fissa. La denuncia, raccolta dall’agenzia di stampa Adnkronos, viene dal sindacato degli anestesisti Aaroi-Emac, che ha coinvolto nella protesta le altre sigle dell’Intersindacale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria.
I sindacati ritengono che vi sia una «evidente violazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro (area sanità). Il Ccnl stabilisce che, con l’assunzione, venga assegnata stabilmente la sede di lavoro». La destinazione di servizio originaria – si legge nei contratti contestati dai sindacati – «potrà essere modificata a insindacabile giudizio dell’azienda in considerazione di sopravvenute esigenze di servizio. Inoltre, per le stesse motivazioni il dirigente dovrà assicurare temporaneamente la copertura di turni di servizio presso altre strutture ospedaliere dell’Asl di Bari». Per le organizzazioni di categoria, «dopo i medici militari e i medici pensionati, siamo arrivati ai “medici nomadi”. Professionisti che dall’oggi al domani potrebbero essere spostati da una sede di lavoro a un’altra o da un presidio ospedaliero all’altro, secondo “l’insindacabile” giudizio aziendale. Una violazione gravissima che non può e non deve passare sotto traccia».
Negli ultimi mesi, sottolineano i sindacati, «abbiamo assistito all’invenzione di escamotage di tutti i tipi per far fronte alle difficoltà derivanti dalla carenza dei medici. Pur complimentandoci per la creatività dei direttori generali, riteniamo che la misura sia colma. Esiste un contratto di lavoro che va rispettato in tutte le sue parti, così come esistono i diritti dei lavoratori di conoscere in via definitiva la sede di lavoro, anche per organizzare la propria vita extralavorativa. Non ultimo, occorre preservare la sicurezza delle cure che potrebbe venire meno di fronte a cambiamenti estemporanei, che non tengono in alcun conto l’importanza della conoscenza tra colleghi e dell’ambiente di lavoro».
Di fronte ad una simile situazione, i sindacati hanno richiesto all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) «un tavolo di confronto sul punto e un incontro urgente finalizzato all’esame congiunto della grave situazione, alla definizione di soluzioni immediate al fine di monitorare i casi e alla verifica delle modalità di applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro» sul tema». I sindacati hanno, inoltre, inviato una diffida all’Asl di Bari, in cui si sottolinea che «tutti i contratti individuali similmente già formulati devono ritenersi nulli e devono essere riformulati in pieno accordo con le norme contrattuali in essere. Occorre impedire che in futuro possano essere sottoscritti contratti come gli odierni contestati. Le associazioni sindacali si sono battute duramente al tavolo negoziale relativamente all’assegnazione stabile della sede di lavoro, che fa parte del contenuto obbligatorio del Contratto nazionale in questione».
(Nella foto d’archivio, una manifestazione di protesta di medici)