Ciccio Caputo corona il suo sogno: convocato in Nazionale
«È una convocazione che mi riempie di orgoglio. Mi sono emozionato. Una convocazione che voglio dedicare a tutta la città di Altamura, a mia moglie, ai miei figli, a tutti gli amici che ho giù e a tutte le persone che hanno creduto in me. Credetemi, sono veramente molto emozionato e spero che tutta la città di Altamura sia contenta. Vi mando un saluto ed un abbraccio. Grazie di cuore». Con queste semplici parole Ciccio Caputo condivide il suo momento di gioia con tutta la Puglia e la sua Altamura che vede un ragazzo per la prima volta indossare la maglia azzurra della nazionale italiana di calcio. Francesco Caputo, per tutti Ciccio, nato ad Altamura in provincia di Bari il 6 agosto del 1987 si è guadagnato la convocazione da parte di Roberto Mancini a suon di goal. Il suo score negli ultimi anni ed i 21 gol in questa stagione dimostrano tutto il suo valore.
Un’intera città che, conosciuta la notizia, è impazzita di gioia inondando i social di foto dello stesso Caputo e di tantissimi attestati di stima. È bastato ricordare con due suoi cari amici i passaggi salienti della sua vita e ripercorrere la sua infanzia per rendersi conto di una vita intrisa di umiltà, grande abnegazione e tenacia. Giovanni Saponaro ha giocato con lui nel 2005 nella Real Altamura, squadra del loro paese, campionato di Eccellenza. Dopo pochi mesi la loro è diventata un’amicizia solida e duratura che si è consolidata negli anni. «In quel periodo – ricorda Saponaro a La Gazzetta del Mezzogiorno – Ciccio aveva 17-18 anni e già si vedeva che calcisticamente era un passo davanti agli altri. Grande la sua personalità e nessuna paura degli avversari più grandi di lui. Ne avevamo sentito parlare di Ciccio ed il tanto parlar bene mi sembrava esagerato, ma già dalla prima amichevole con il Molfetta stupì tutti per maturità calcistica e doti naturali che altri affinano con il tempo, ma in lui erano innate. Conosco tutto di Ciccio e l’ho seguito in tutto il suo percorso calcistico. Acquistato spesso come attaccante di scorta, lo si vedeva dopo pochi mesi titolare in attacco. Il suo arrivo in nazionale è il giusto premio per i tanti sacrifici che ha dovuto fare perché nessuno gli ha mai regalato nulla. La sua è una bella favola a lieto fine da raccontare ai più giovani. Con il passare degli anni e nonostante i suoi traguardi è sempre rimasto umile e con i piedi ben saldi per terra. Questo grazie anche alla sua splendida moglie e ai suoi 3 figli. Quando mi ha detto della sua convocazione ho pianto dalla gioia».
Altro ricordo importante è quello del suo primo allenatore, Carlo Casiello, ex calciatore ed educatore nell’oratorio della parrocchia del Sacro Cuore di Altamura. «Ciccio venne in oratorio da me quando aveva 7-8 anni. Non ha mai fatto scuole calcio e fino a 15 anni il suo allenatore ed educatore sono stato io. Tutti i pomeriggi giocava e si allenava nel nostro campetto – ricorda Casiello – ed era tra i più svegli e tenaci in campo. Sempre educato e corretto, dai sani e forti valori insegnati e trasmessi dalla sua famiglia. Con lui abbiamo vinto un torneo nazionale a Bellaria e lì già dimostrò tutto il suo valore. Ricordo una volta quando a Bari venne da me piangendo perché colpito da una dolorosa gomitata da un avversario. Gli dissi che per diventare un calciatore non doveva piangere per queste cose, ma piangere e sudare per diventare un grande calciatore, ed oggi lo è. A 15 anni per poter continuare a fare calcio andò via ed inizio la trafila nella squadra dell’Altamura».