Trani, Siderno e Foggia: Operazione “Knockout”. Arrestate 7 persone per armi e droga
Stamattina, circa 50 militari del Comando Provinciale di Bari, collaborati da militari delle Compagnie Carabinieri di Locri (Rc) e Foggia, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nei confronti di 7 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti e armi comuni da sparo e armi da guerra.
Le indagini, affidate ai Carabinieri della Stazione di Trani, hanno reso possibile accertare gravi indizi a carico degli indagati che sfruttavano l’abitazione di R.G., incensurato e padre di R. S., per detenere grossi quantitativi di droga e armi anche da guerra. La stura per le indagini è stata data dall’operazione condotta dalla Stazione Carabinieri di Trani del 13 aprile 2019 allorquando arrestarono i Romanelli perché trovati in possesso di circa 4 kg tra hashish e marijuana nonché un giubbotto antiproiettile, un revolver ed una mitraglietta considerata arma da guerra con il relativo munizionamento. Le indagini condotte dallo stesso reparto sotto la direzione della Procura Distrettuale di Bari, hanno consentito di acclarare che le abitazioni dei R. erano un vero e proprio “deposito” di droga da cui C. L. la prelevava mettendola a disposizione per il successivo smercio da parte di P. A., S. E. e S. L. Le captazioni in carcere hanno consentito di accertare che non era la prima volta che tutti gli indagati sfruttavano l’abitazione di R. G. come “base logistica” per la detenzione di droga e armi e, anzi, per celare queste ultime utilizzavano anche un fasciatoio sotto il quale era occultata una pistola prelevata da L. D., tra l’altro moglie di R. S., consegnandola a S. E. L’attività investigativa ha consentito di accertare un forte legame di “mutuo soccorso” fra tutti gli indagati. Infatti si è potuto accertare che alle spese legali seguite all’arresto dei R. avrebbe provveduto il S. L. congiuntamente ad altre persone. Ciò s riprova proprio dell’aiuto reciproco che gli indagati prestavano tra loro. Il sostegno reciproco inoltre non era solo “limitato” al pagamento delle spese processuali. Gli indagati si preoccupavano anche di fornire un sostegno alle famiglie dei ristretti in carcere e dalle intercettazioni emerge rammarico per la mancanza di questo genere di supporto in questa circostanza.
L’operazione odierna è, in parte da mettere in relazione con l’operazione NEMESI condotta dai Carabinieri di Foggia in cui, il 7 giugno 2019, rimasero coinvolti il Presta e il Sebastiani venendo attinti da misura cautelare in carcere. Questi due, infatti, insieme sono stati considerati un gruppo di fuoco a disposizione del clan Carbone-Gallone. I due avrebbero dovuto compiere un’azione di fuoco nel comune di San Ferdinando di Puglia nei confronti del clan avverso Valerio-Visaggio. Propositi omicidiari, dunque, fermati solo grazie alle indagini dei Carabinieri operanti anche nei comuni di Trani e Bisceglie. Proprio in quest’ultimo comune infatti nel maggio del 2019 veniva arrestato P. A. per la violazione sulla normativa alla sorveglianza speciale cui era sottoposto. In quella circostanza questi era accompagnato da S. E. ed avevano appena incontrato il principale esponente del clan Carbone-Gallone, G. G.
Nei primi mesi del 2019 erano forti le fibrillazioni fra i gruppi criminali organizzati che operano tra il sud Foggiano e il nord della provincia Barletta-Andria-Trani. L’impeccabile direzione dell’Autorità Giudiziaria della Procura Distrettuale Antimafia di Bari però, supportata da un diuturno, intensissimo e proficuo coordinamento “real time” di molti reparti dei Carabinieri attraverso il quale è stato possibile realizzare una massiccia, penetrante e qualificata manovra info-investigativa, ha consentito di contenere le azioni di fuoco dei clan che si combattevano.
Infatti con il rito abbreviato sia il P. che il S. sono già stati condannati in primo grado a 3 anni e 4 mesi di reclusione più la multa di 10 mila euro per i reati contestati loro con l’aggravante prevista dall’art. 416bis 1 (cosiddetto” metodo mafioso”)